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RECENSIONE                • GENERE: PICCHIAdURO A SCORRIMENTO • SVILUPPO: CAPCOM • PRODOTTO: CAPCOM • GIOCATORI: 1-2 • LINGUA: INGLESE














        È dura la vita a metro City



            n gruppo di delinquenti chiamati Mad   per quello che poi avrebbero offerto qualche   ti personaggi e non solo, senza inventarsi
        U Gear, per mettere sotto scacco Metro   anno dopo con re Street Fighter 2.    nulla di nuovo, ma nessuno, fino ad allora, li
        City, rapiscono Jessica, la bellissima figlia del   Ma non c’era solo la “rivoluzione” tecnica del   aveva trasportati in un videogioco con così
        sindaco della città. Peccato per Mad Gear   genere in Final Fight. Con questo picchiadu-  convinzione e prepotenza. Gli scenari, le
        che il sindaco in questione sia Haggar, una   ro a scorrimento abbiamo assistito al con-  musiche, le situazioni, l’atmosfera, le urla, i
        montagna di muscoli, un ex wrestler profes-  cetto di Forte, Bilanciato e Veloce che tanto   nomi, tutto ha un familiare sapore anni 80.
        sionista e un “guai a toccare cuore di papà”.   ha influenzato le produzioni a venire, non   Si narra che uno dei maggiori programmatori
        Inoltre, il sindaco si accompagna ad un lotta-  solo di Capcom, ma di tutte le altre softwa-  di Final Fight ammise, durante un’intervista,
        tore da strada dalla faccia d’angelo, ma dal-  re house. Haggar faceva tremare i nemici   che chi era incaricato di trovare i nomi ad
        la cazzima estrema e da un maestro di arti   con la sua potenza, le sue prese plastiche,   ogni personaggio fosse una ragazza inna-
        marziali incazzato di default. Se fossi stato il   con quella volante che quando la sottomet-  morata della musica anni Ottanta.
        capo di Mad Gear mi sarei fatto i cazzi miei…   tevi su un nemico, finendo per atterrare su   Final Fight è stato anche semplificazione.
        C’era qualcosa di magico in Final Fight: ba-  altri poveri malcapitati, ti sentivi una specie   Tutto quello che stava alle spalle del titolo
        stava far partire il gioco che il suo stile, i suoi   di padre eterno. Cody, nonché fidanzato di   Capcom sembrava quasi complesso di fron-
        colori, i suoni, i disegni, ti facevano subito in-  Jessica, ti galvanizzava con il suo stile bilan-  te al minimalismo dei controlli che i program-
        tendere che stavi per giocare a qualcosa di   ciato, i cazzotti precisi in faccia, calci volanti   matori pensarono per la loro opera. E così
        massiccio, di bello, di gratificante. Final Fight   e “figaggine” assortita. E poi c’era Guy dalla   bastavano due pulsanti per far partite scaz-
        è stato l’inizio della nuova era delle mazzate   velocità “ninjesca” fatta di pugni e calci velo-  zottate monumentali. Un tasto saltavi, uno
        accompagnate, che avrebbero poi imperver-  ci, prese acrobatiche e incazzatura orientale   davi mazzate alla cieca tramite una combo
        sato nelle sale giochi di tutto il mondo. Per-  in bella vista. Spiegati così i tre protagonisti   di calci e pugni. La combinazione dei due
        ché Final Fight era soprattutto la grafica nel   sembravano delle macchiette, i classici per-  creava un altro set di mosse volanti e l’ine-
        1989.  Non  si  vedevano  in  giro  picchiaduro   sonaggi della cultura POP di fine anni 80, ma   dita spazzata disperata che ti toglieva quel
        con personaggi tanto grandi, tanto animati,   nella sostanza erano così iconici che hanno   millimetro di energia che non te la faceva
        tanto tutto. Sul fronte tecnico Capcom non   generato cloni a morire. Capcom avrà anche   abusare. Addirittura, anche per afferrare l’av-
        si era risparmiata per nulla, mettendo le basi   saccheggiato la cultura occidentale per mol-  versario bastava solamente avvicinarsi ad














                                           ■ di Sandro “Sunstoppable” Prete

















                                                                                       ■ ...un colpo di Muramasa e 4 bombe a
                                                                                       mano in testa... addio Rolento!
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